TECH DRIVE
28/05/2025

PROVIAMO TUTTE LE POLO DELLA STORIA. QUANTO CAMBIA IN 50 ANNI?

Cinquant’anni fa nasceva un’icona. Era il 1975 quando Volkswagen lanciava la prima generazione della Polo, una piccola compatta dalle linee semplici e tese, figlia del suo tempo, eppure già in grado di anticipare tendenze. Oggi, mezzo secolo dopo, la Polo continua a vivere una seconda giovinezza in versione GTI, forte di un’eredità tecnica e culturale straordinaria. In questo viaggio tra passato e presente, abbiamo avuto l’occasione di guidare tre modelli emblematici: la prima serie del 1975, la leggendaria G40 del 1992 e l’attuale Polo GTI 2025. Tre capitoli di una storia che vale la pena raccontare.

1975: nasce la prima Polo, semplicità geniale

La prima Volkswagen Polo nasce nel 1975 come versione semplificata dell’Audi 50, dalla quale eredita l’impostazione tecnica e le forme sobrie ma funzionali. Lunga solo 3,50 metri e pesante appena 685 kg, la Polo prima serie montava un motore aspirato da 900 cc capace di 40 CV. Pochi, se letti con gli occhi di oggi, ma più che sufficienti per muovere agilmente la vettura, che raggiungeva i 132 km/h.

La semplicità era il suo punto di forza: linee tese, superfici vetrate ampie e un abitacolo incredibilmente arioso. A bordo, il volante a due razze e la leva del cambio erano gli unici strumenti richiesti al conducente, in un’epoca in cui anche un’indicazione del livello di carburante rappresentava una novità. Dettagli oggi scontati – come la chiusura della porta lato passeggero, la ventola a due velocità o la cappelliera rifinita in moquette – all’epoca rappresentavano soluzioni quasi avveniristiche.

Guidarla oggi è come salire a bordo di una capsula del tempo: niente servosterzo, insonorizzazione quasi assente, marce corte e sensazioni meccaniche pure, dirette, analogiche. Eppure, il fascino è intatto. La sensazione di avere tra le mani un pezzo di storia è travolgente, e ti fa perdonare volentieri le frenate poco incisive e le marce che “entrano quando vogliono”. A confronto con le auto moderne, è un oggetto di un altro mondo, ma ricco di dignità tecnica e affettiva.

1992: la G40, piccolo mostro da 113 cavalli

Un salto temporale ci porta alla seconda serie restyling, e più precisamente al 1992, anno in cui nasce una delle versioni più affascinanti e rare della Polo: la G40. A prima vista conserva molte caratteristiche tipiche della serie, ma sotto il cofano nasconde una vera sorpresa. Il motore da 1.3 litri, equipaggiato con un compressore volumetrico di tipo G-Lader, sprigiona 113 CV: una cifra che, su una vettura così leggera, si traduce in prestazioni entusiasmanti.

Esteticamente, la G40 si distingue per piccoli dettagli, ma è dentro e sotto la carrozzeria che avviene il cambiamento vero. La strumentazione è più ricca, con indicatori digitali e orologio analogico, i sedili sportivi offrono un discreto contenimento laterale, e perfino il tetto apribile – rigorosamente manuale – è presente. Ma è su strada che la G40 lascia davvero il segno.

Guidarla è un’esperienza cruda e intensa. Il compressore non ha il ritardo di risposta delle turbine tradizionali: la coppia arriva subito, e i 113 CV sembrano molti di più. In seconda marcia si raggiungono velocità già da codice rosso. Non c’è ABS, né airbag, né alcuna forma di aiuto elettronico. Ogni azione è diretta: l’acceleratore a cavo trasmette al millimetro ogni variazione del piede destro, lo sterzo richiede forza, e la frenata – pur efficace – è frutto di un impianto ancora di vecchia concezione.

La G40 è un piccolo aereo da combattimento camuffato da utilitaria. Un concentrato di emozioni che restituisce al guidatore quella connessione meccanica oggi spesso smarrita. Oggi più che mai, si comprende perché sia considerata una delle vetture più divertenti della sua epoca.

Polo Harlekin (1995): l’icona pop nata per gioco

Tra le versioni più sorprendenti e irripetibili della storia della Polo c’è sicuramente lei: la Harlekin del 1995. Un’edizione limitata, prodotta in circa 3.800 esemplari, che nacque quasi per scherzo da un’operazione di marketing della Volkswagen: l’obiettivo era mostrare tutti i colori disponibili per la Polo, ma la risposta del pubblico fu così entusiasta che l’azienda decise di metterla davvero in produzione. Il risultato fu una vera e propria auto-mosaico, in cui ogni esemplare nasceva su una base blu e poi riceveva porte, cofani e paraurti in colori diversi, scambiati tra vetture. Un processo artigianale che rese ogni Harlekin unica.

La base tecnica era quella della terza generazione, con un motore 1.0 da circa 45 cavalli, niente di prestazionale, ma più che sufficiente per muoversi con leggerezza. Questa versione montava anche un tetto apribile manuale, con un meccanismo semplice ma affascinante, di quelli che oggi non si vedono più: un gesto meccanico puro che restituisce un piacere fisico, quasi analogico. Mancava ancora l’aria condizionata, ma lo spazio a bordo era già più che discreto, con un bagagliaio molto capiente e una plancia con radio a cassette, che avvicinava l’esperienza a quella delle vetture più moderne.

Al volante, la generazione della Harlekin offre una guida semplice ma sorprendentemente matura per l’epoca. Il cambio a cinque marce non è un fulmine, ma è già figlio di un’altra generazione, più moderna. La sensazione è di una vettura che – pur restando basica negli allestimenti – inizia a parlare la lingua degli anni ’90: compaiono gli airbag, l’ABS, i montanti si fanno più spessi, lo stile abbandona l’effetto “acquario” delle prime generazioni e strizza l’occhio alla sicurezza. Gli specchietti sono ancora regolabili manualmente e gli alzacristalli non sono elettrici, ma l’impressione generale è quella di una Polo che ha iniziato il suo percorso di maturazione tecnica e stilistica.

E per chi, come chi scrive, ha vissuto l’infanzia proprio con queste versioni, la Harlekin non è solo una curiosità estetica: è un frammento di memoria personale, un’auto che confondeva da piccolo e affascina oggi, soprattutto ora che se ne comprende la rarità e il valore storico. Una vettura così unica nel suo genere non può che acquisire un’importanza collezionistica crescente nel tempo.

2025: la Polo GTI, tecnologia e potenza

E infine eccoci nel presente. La nuova Volkswagen Polo GTI 2025 è quanto di più lontano, almeno in apparenza, dalle sue progenitrici. La carrozzeria sfoggia fari Matrix LED, sensori ADAS nascosti nel logo, doppio scarico posteriore e cerchi sportivi. Il cuore meccanico è un 2.0 turbo benzina da oltre 200 CV abbinato a un cambio automatico DSG a sette rapporti. Un altro mondo, insomma.

Gli interni sono un trionfo di tecnologia: Virtual Cockpit, infotainment touch, comandi capacitive al volante, retrocamera, sensori di parcheggio, climatizzatore automatico, modalità di guida selezionabili tramite il DCC (Eco, Comfort, Sport). Tutto è pensato per il comfort e la sicurezza. La differenza più netta con il passato, infatti, non è solo prestazionale, ma soprattutto concettuale: oggi la Polo non è più una piccola utilitaria, ma una compatta sportiva matura, confortevole e adatta a tutto.

Su strada, la differenza è abissale: lo sterzo è preciso e progressivo, il telaio è raffinato, le sospensioni si adattano all’asfalto, e ogni comando risponde in modo fluido e prevedibile. Cambiare modalità di guida significa trasformare la vettura: in Eco diventa parsimoniosa e morbida, in Sport reattiva e precisa. Tutto avviene con naturalezza, nel massimo silenzio e sicurezza. Eppure, nonostante il salto tecnologico, rimane quel DNA Volkswagen che ha fatto la storia del modello.

Un'eredità viva, non solo celebrativa

Dal 1975 al 2025, la Polo ha vissuto trasformazioni radicali, passando da utilitaria spartana a compatta sportiva tecnologicamente avanzata. Ma il filo conduttore resta: una vettura accessibile, concreta, che ha saputo accompagnare intere generazioni senza mai perdere credibilità.

La prima Polo è un documento storico, la G40 una pepita da collezione, la GTI attuale un piccolo capolavoro di ingegneria. In mezzo, milioni di esemplari venduti, evoluzioni stilistiche, aggiornamenti tecnologici e cambiamenti epocali.

Cinquant’anni dopo, la Polo non è solo un modello Volkswagen: è un pezzo di storia dell’automobile europea. E la sua corsa, fortunatamente, non accenna a fermarsi.