In una delle più significative operazioni industriali degli ultimi anni, Iveco, storica azienda italiana attiva dal 1975 nella produzione di veicoli commerciali e industriali, si divide in due anime: la parte commerciale passa sotto il controllo del colosso indiano Tata Motors, mentre la divisione difesa, considerata strategica per il Paese, viene acquisita da Leonardo. Un cambiamento profondo che segna un nuovo capitolo per il gruppo fondato quasi mezzo secolo fa, con ricadute industriali, politiche e occupazionali che già stanno generando forti reazioni.
Tata acquisisce la divisione commerciale per 3,8 miliardi: continuità produttiva ma sindacati in allarme
La parte più ampia e visibile del gruppo Iveco, quella che produce veicoli commerciali leggeri, medi e pesanti, autobus urbani e interurbani, mezzi cava/cantiere e veicoli speciali per applicazioni antincendio o fuoristrada, è stata ceduta a Tata Motors per un corrispettivo di 3,8 miliardi di euro. Una cifra importante che testimonia il valore dell’azienda, oggi presente con i suoi stabilimenti in diversi Paesi europei tra cui Italia, Spagna, Francia e Germania.
La sede principale di Iveco resterà a Torino, così come tutti gli impianti produttivi attualmente attivi. Questo il punto fermo fissato da una nota congiunta di Iveco Group e Tata, che ha assicurato anche la totale salvaguardia dei livelli occupazionali. Una rassicurazione accolta positivamente dal governo italiano, che ha definito l’operazione come “un’importante operazione industriale che apre nuove prospettive di crescita per il gruppo Iveco, storica realtà italiana, e per i suoi lavoratori”.
Tuttavia, non sono mancate le reazioni critiche, in particolare da parte dei sindacati. La Fiom-Cgil ha definito l’operazione “gravissima”, accusando la holding Exor, controllata dalla famiglia Agnelli e proprietaria di Iveco, di aver proceduto alla vendita senza alcun confronto con le rappresentanze dei lavoratori. Un’accusa che si inserisce in un clima di forte incertezza, soprattutto in Italia dove Iveco impiega oltre 14.000 dei suoi circa 36.000 dipendenti complessivi.
Leonardo rileva Iveco Defence per 1,7 miliardi: rafforzata la capacità industriale italiana nella difesa
La divisione difesa di Iveco, specializzata nella produzione di veicoli militari, blindati e mezzi speciali per la protezione civile, rimarrà invece sotto controllo italiano. È stata infatti acquisita da Leonardo, ex Finmeccanica, per 1,7 miliardi di euro. La mossa viene letta non solo come una scelta strategica, ma anche come un segnale politico preciso in un contesto europeo di crescente attenzione alla sicurezza e al riarmo.
“L’acquisizione di Iveco Defence è un tassello fondamentale nello sviluppo della nostra strategia di crescita inorganica a supporto della piena attuazione del Piano Industriale”, ha dichiarato Roberto Cingolani, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Leonardo. “L’operazione consolida la nostra posizione di attore di riferimento nel settore della Difesa terrestre europea, mercato caratterizzato da forti prospettive di crescita future”.
Il governo ha appoggiato senza esitazioni questa seconda operazione, ritenendo troppo strategico il comparto difesa per permettere che finisca in mani straniere, soprattutto in un momento in cui l’Italia, al pari degli altri Paesi europei, sta rafforzando la propria capacità militare. Con questa acquisizione, Leonardo amplia notevolmente il proprio raggio d’azione nel settore terrestre, aggiungendo una componente industriale cruciale al proprio portafoglio.
Una cessione che lascia l’amaro in bocca: perché Exor ha venduto?
La cessione della storica Iveco, almeno nella sua componente commerciale, ha lasciato l’amaro in bocca a molti osservatori e lavoratori. Si tratta di un’azienda nata in Italia, simbolo dell’industria meccanica nazionale, con decenni di innovazione alle spalle e un ruolo centrale nell’economia di intere aree geografiche, non solo piemontesi.
Il dubbio che molti si pongono riguarda la motivazione della vendita. Iveco non sembrava trovarsi in difficoltà economiche e non presentava segnali di crisi. Perché allora Exor ha deciso di cedere un asset così importante? Una delle ipotesi più accreditate riguarda la necessità di rafforzare la competitività su scala globale in un settore sempre più dominato da produttori cinesi, che avanzano con una forza crescente sia in Europa che in mercati emergenti.
In quest’ottica, l’alleanza con Tata Motors, una delle più grandi aziende automobilistiche dell’Asia, proprietaria anche di Jaguar e Land Rover, potrebbe rappresentare una risposta strategica alla sfida globale. Noi italiani però, al momento, forse egoisticamente, non possiamo non vedere un altro pezzo di orgoglio e della nostra storia andare via.
La scelta di mantenere la sede a Torino e di non chiudere stabilimenti è certamente un segnale positivo. Ma la preoccupazione resta, così come il senso di vuoto che si avverte quando un marchio italiano viene ceduto, anche in presenza di rassicurazioni. In questo quadro, la mossa di Leonardo sul fronte difesa appare come una parziale compensazione: l’Italia tiene saldamente in mano una parte strategica del proprio apparato industriale, in un momento in cui la geopolitica impone nuove priorità.
Ma la vera risposta sul futuro di Iveco arriverà nei prossimi anni, quando si vedrà se Tata saprà valorizzare e far crescere l’eredità industriale italiana o se si limiterà a inglobarla.