Dal 1° settembre 2025 al 31 agosto 2026 nello stabilimento Stellantis di Termoli entrerà in vigore un nuovo contratto di solidarietà. Per la prima volta, la misura interesserà l’intero sito produttivo, coinvolgendo circa 1.823 dipendenti, contro i 900 che erano stati inclusi nel precedente accordo appena scaduto.
L’intesa, firmata tra azienda e sindacati, prevede la possibilità di ridurre l’orario di lavoro fino all’80% su base annuale, con una rotazione dei dipendenti in base a reparti, fasi e settimane, a seconda degli ordini disponibili. Non si tratta di un fermo totale né di licenziamenti mascherati, ma di un ammortizzatore sociale: le ore non lavorate saranno coperte dalla cassa integrazione straordinaria, entro i massimali previsti, mantenendo formalmente il rapporto di lavoro attivo.
Un elemento considerato positivo dai sindacati è la conferma della maturazione dei ratei – ferie, tredicesima e Tfr – anche nei periodi con poche ore lavorate, così da limitare parzialmente l’impatto sulle buste paga. Resta comunque un sacrificio pesante: minori entrate, incertezza costante e l’impossibilità per le famiglie di programmare il futuro con stabilità.
Un contesto difficile e un futuro poco chiaro
La scelta della solidarietà non nasce dal nulla, ma da un quadro produttivo complesso. Da un lato pesa la crisi strutturale del mercato auto, con cali di vendite sia in Europa che negli Stati Uniti. L’impatto dei dazi imposti dall’amministrazione Trump su alcune componenti prodotte a Termoli, come i motori destinati alla Jeep Compass, ha ulteriormente indebolito la domanda. Dall’altro, la transizione ecologica, definita dai sindacati “non governata”, sta mettendo in crisi la produzione tradizionale di motori a benzina.
Sul piano interno, la situazione non appare più rosea: il motore 16V è fermo da mesi, il GSE soffre per il calo della Panda, il GME mostra numeri destinati a ridursi con l’avvio di nuove linee negli stabilimenti americani, mentre il V6 non trova rilancio. A ciò si aggiungono trasferte forzate verso altri stabilimenti e un piano di uscite volontarie che ha raccolto molte meno adesioni del previsto, con appena 70 lavoratori su 200 posizioni aperte.
Tra promesse mancate e attese di riconversione
Il contratto di solidarietà viene presentato come un ponte di dodici mesi verso il futuro, ma la strada resta piena di incognite. Da inizio 2026 è previsto l’avvio della produzione del cambio eDCT, la trasmissione elettrificata destinata ai modelli ibridi del gruppo. L’obiettivo dichiarato è raggiungere 300mila unità l’anno, ma la piena operatività della linea è attesa solo tra la fine del 2026 e il 2027.
Il vero nodo irrisolto resta però quello della gigafactory. L’impianto di batterie, annunciato in pompa magna e sostenuto inizialmente da fondi del Pnrr, è stato di fatto accantonato. La joint venture Acc (Stellantis, Mercedes, TotalEnergies) ha sospeso i progetti in Italia e Germania, e il Governo ha dirottato parte delle risorse altrove. Per i sindacati si tratta di una “promessa mancata” che lascia i lavoratori e il territorio senza certezze. “Nessuno ha il coraggio di dire quale sarà il futuro di questa fabbrica, denuncia la Uilm Molise, se la gigafactory nascerà davvero e quale destino attende i dipendenti”.
Le reazioni dei sindacati e della politica
Le posizioni delle sigle sindacali convergono su un punto: la solidarietà non è una soluzione, ma un tampone. La Fiom Molise parla di “ennesimo sacrificio che scarica i costi della mancanza di prospettive sulle spalle dei lavoratori, riducendo salari, tutele e dignità”. La Uilm chiede con forza “nuovi prodotti, investimenti veri e certezze per il futuro”, sollecitando un incontro urgente con il nuovo amministratore delegato, Carlos Tavares Filosa, per conoscere la strategia del gruppo.
Sul fronte politico, la deputata del Movimento 5 Stelle Emma Pavanelli accusa il governo Meloni di immobilismo: “Dopo aver cancellato i fondi del Pnrr destinati alla gigafactory, l’esecutivo continua a restare in silenzio. È inaccettabile che un polo industriale strategico venga abbandonato, mentre ai dipendenti si chiedono ulteriori sacrifici”.
Un territorio appeso a un filo
Per Termoli e il Molise, lo stabilimento Stellantis rappresenta un presidio industriale vitale. Ma la prospettiva di un anno di lavoro a singhiozzo, con stipendi ridotti e un futuro sospeso tra riconversioni promesse e piani rinviati, pesa come un macigno sull’intera comunità.
I sindacati parlano apertamente di una crisi senza precedenti e chiedono risposte immediate da azienda e governo. “Non basta resistere – sottolinea la Uilm -, serve costruire il futuro”.